Salotto letterario

L’arte di scegliere i libri

L’ar­te di sce­glie­re i libri 

Al ser­vi­zio dell’arte, a vol­te, si sco­pre l’arte in sé. L’editore, tra gli altri, pren­de ordi­ni dal­la let­te­ra­tu­ra. È sem­pre alla ricer­ca di libri in giro per il mon­do, pro­va a supe­ra­re le bar­rie­re cul­tu­ra­li e lin­gui­sti­che, riper­cor­re a ritro­so gli anni per risco­pri­re una pagi­na sepol­ta dal tem­po. A vol­te la let­te­ra­tu­ra lo aspet­ta in con­ti­nen­ti lon­ta­ni, oltre ocea­ni e cate­ne mon­tuo­se; a vol­te si nascon­de in alfa­be­ti qua­si inde­ci­fra­bi­li; spes­so è a por­ta­ta di mano, ma il tem­po l’ha con­dan­na­ta al silenzio.

Al ser­vi­zio del­la let­te­ra­tu­ra, l’editoria può assu­mer­ne tal­vol­ta la natu­ra e il carat­te­re. All’e­di­to­re, come allo scrit­to­re, non può innan­zi­tut­to man­ca­re la crea­ti­vi­tà. Mol­ti roman­zie­ri han­no rac­con­ta­to l’amore, ma solo i miglio­ri han­no sapu­to scri­ver­ne come fos­se un sen­ti­men­to nuo­vo, per­ché solo i miglio­ri han­no sco­per­to, nel­la più anti­ca del­le for­ze, una cifra nuo­va, che il let­to­re da sem­pre sen­te pro­pria, ma che mai ha rile­va­to prima.

Alla stes­sa manie­ra, mol­ti edi­to­ri han­no rac­col­to un cata­lo­go, ma solo i miglio­ri han­no tra­sfor­ma­to i pro­pri libri nei capi­to­li di un volu­me uni­co, per­ché solo i miglio­ri han­no crea­to, con le pro­prie scel­te, una tra­ma nuo­va, coe­ren­te, che faces­se di mol­te sto­rie una sto­ria sola. Al vero edi­to­re, come allo scrit­to­re vero, si chie­do­no il pen­sie­ro e la poetica.

Ma le asso­nan­ze non fini­sco­no qui. L’editoria let­te­ra­ria si nutre di curio­si­tà. Le occor­re curio­si­tà per sco­pri­re una sto­ria ori­gi­na­le, per aprir­si a una lin­gua eso­ti­ca, per esplo­ra­re una nuo­va area del mon­do o il vec­chio scaf­fa­le di una biblio­te­ca. I gran­di edi­to­ri let­te­ra­ri del pas­sa­to han­no sdo­ga­na­to cul­tu­re, impo­sto mode, crea­to para­dig­mi. Come nel­la let­te­ra­tu­ra, anche nel­l’e­di­to­ria ci sono pochi mae­stri e mol­ti epi­go­ni. Dif­fi­cil­men­te l’epigono ha in dono la curio­si­tà. Ere­di­ta un mon­do e lo tra­man­da sen­za innovarlo.

Infi­ne, lo sti­le. Anche l’editore, come lo scrit­to­re, ne ha uno. Tra­spa­re dal logo, dal­la gra­fi­ca, dal­le imma­gi­ni di coper­ti­na, dal­l’im­pa­gi­na­zio­ne, dal­la qua­li­tà del­la car­ta, dal tipo di carat­te­re, dal­l’ar­ti­co­la­zio­ne del­le col­la­ne. E da tut­te le atti­vi­tà ancil­la­ri alla scel­ta dei testi.

Ma se la crea­ti­vi­tà, la curio­si­tà, il gusto, la poe­ti­ca e lo sti­le avvi­ci­na­no l’editoria all’ar­te pura, for­se all’e­di­to­re si può rico­no­sce­re una voca­zio­ne arti­sti­ca. Espri­me se stes­so attra­ver­so i suoi libri e spe­ra in que­sto modo di lascia­re una traccia.

“È un’utopia!”, qual­cu­no sta­rà pen­san­do. For­se lo è. Ed è per que­sto che Uto­pia si chia­ma così.