
Massimo Bontempelli è nato nel 1878: il suo caro amico Pirandello aveva già dieci anni e d’Annunzio stava già per pubblicare i suoi versi adolescenziali. Ungaretti, invece, col quale anni dopo Bontempelli si sarebbe sfidato a duello, ferendolo, sarebbe nato solo un decennio dopo.
Fu un genio. E, al mondo, fu il primo a sperimentare quel genere letterario che i critici, col senno di poi, avrebbero definito “realismo magico”. Molti lo scelsero come modello. Buzzati, per esempio, che per età poteva esserne il figlio; ma anche Calvino, benché fosse di mezzo secolo più giovane.
Saggista, editor, traduttore, Bontempelli si distinse come romanziere e autore di racconti. L’amicizia di De Chirico e Savinio fu fondamentale e la sua prosa risentì molto dell’influenza del surrealismo. Dopo la guerra gli fu assegnato il premio Strega. Morì a Roma nel 1960, assistito amorevolmente da Paola Masino, compagna di vita e d’arte. García Márquez, dall’altra parte del mondo, in quei giorni stava già pensando a “Cent’anni di solitudine”. Avrebbe segnato un’epoca, la stessa epoca che Massimo aveva anticipato da lontano.