
Ho conosciuto Cela una decina di anni fa, al liceo. Ero appena riemerso dalla lettura di “Delitto e castigo” e non riuscivo a congedarmi da Raskol’nikov. Un personaggio irrisolto e contraddittorio che aveva lasciato un’impronta importante nel lettore diciottenne che ero. Sfogliando un inserto letterario, lessi che un noto critico associava Dostoevskij a Cela, riconoscendo una continuità nel pensiero dei due autori, nell’indagine psicologica sui personaggi e nella riflessione sul peccato, sulla colpa e sulla remissione. Corsi in libreria e non trovai nessuno dei suoi romanzi. Erano nel catalogo di un grande editore letterario, il primo che viene in mente quando si pensa ai libri di qualità. Eppure non venivano ristampati da anni. Per fortuna esistono le biblioteche, patrimonio inestimabile dei lettori. Lessi in pochi giorni due romanzi di Cela, inediti per chiunque fosse nato dopo il ’90, entrambi in vecchie edizioni ingiallite. Uno strillo di Italo Calvino ne parlava come di opere con pochi precedenti, dei veri classici della modernità.
In dieci anni non è cambiato niente. Le librerie, colme di carta, non hanno mai trovato spazio per un genio come Cela. A gennaio perciò, con le idee chiarissime, sono partito per Madrid col solo obiettivo di chiedere al figlio di Camilo il permesso di ripubblicare in Italia, romanzo dopo romanzo, tutta l’opera di questo gigante. È stato un sì inatteso. Avrebbe potuto assegnare i diritti a qualsiasi editore e invece ha concesso a una giovane casa editrice di riportare suo padre in libreria. Quando Cela ha ricevuto il Nobel, nel 1989, nessuno di noi, qui in Utopia, era ancora nato. Ma credo fermamente che sia questo il miracolo della letteratura.
(Gerardo Masuccio, editor di Utopia)